Madeleine Rudler «Parnassiens, Symbolistes et Décadents» (1938)

Recensione a Madeleine Rudler, Parnassiens, Symbolistes et Décadents (Paris, A. Messein, 1938), «Leonardo», a. X, n. 12, Roma, dicembre 1938, pp. 497-498.

Madeleine Rudler «Parnassiens, Symbolistes et Décadents»

È un volumetto senza pretese e senza intenti critici, ma che ci sembra utile segnalare sia come volgarizzazione molto preferibile, pur nella sua brevità, a quelle dei vari Billy e Martino, sia soprattutto come breve riassunto storico del periodo 1866-1905: un elenco assai completo delle opere poetiche con la loro data di pubblicazione e la datazione delle riviste o dei cenacoli e dei caffè di ritrovo dei circoli letterari di quel periodo. È anzi proprio intorno alle riviste e ai cenacoli che il libretto, in una linda e mediocre scrittura, ci prospetta il susseguirsi della scuola parnassiana e delle varie tendenze scaturite dal simbolismo. È nella «Revue du Progrès moral, scientifique et artistique» diretta da Xavier de Ricard e il Cenacle che ne derivò, che si raggruppano fin dall’inizio i primi affermatori della poetica parnassiana, ed è nell’«Art» che la formula lecontiana «Impassibilité et Impersonalité» fa la sua prima apparizione programmatica. Poi il salone di Nina de Callias, la fondazione della «Revue des Lettres et des Arts», la scoperta del libraio Lemerre e la pubblicazione del Parnasse contemporain. Nel 1872, dopo la burrasca della guerra prussiana, e della Comune, i Parnassiani si riuniscono quasi immutati nel circolo dei Vilains Bonshommes, ma le nuove forze poetiche non tardano a manifestarsi. Rimbaud, natura indisciplinabile, è l’inizio della rottura del classicismo parnassiano: «En 1872, à l’une de ces réunions, un convive se leva au dessert et commença la récitation de ses poèmes. Comme il les ronronnait sagement, un garçon de dix-sept ans, placé de l’autre côté de la table, se mit à scander chaque vers par le mot de Cambronne». Naturalmente il “gamin” era Rimbaud. Sotto la sua influenza nasce la «Renaissance» di Blémont che accoglie le Romances sans paroles e i versi “deuxième manière” di Mallarmé.

Dopo una pausa di attesa fu il decadere dei parnassiani e l’affermarsi dei simbolisti con un largo fiorire di circoli: Les Hydropathes di Godeau, il cabaret Chat noir, les Hirsutes, les Zutistes di Ch. Cros ed infiniti ritrovi presso i vari caffè della “rive gauche”.

La formula mallarmeana «L’Art consiste moins à communiquer ou à suggérer aux autres ce qu’on ressent soi-même qu’à crèer pour autrui des motífs des suggéstions ou de rêve» diventa il programma comune della «Nouvelle Rive gauche» (poi «Lutéce»), della «Revue indépendante», della «Revue Wagnerienne», di «Les Taches d’encre». Nell’85 appare per la prima volta l’appellativo di Décadents applicato ai poeti nuovi ed è veramente interessante vedere attraverso queste brevi, ma precise pagine, la fortuna di questo nome, condanna ed esaltazione d’uno stato d’animo e d’una poetica, fino all’appropriazione indebita fattane dai cultori del Décadisme propriamente detto. Fu Félicien Champsaur a usare la parola che, adottata per bravata da alcuni dei nuovi poeti, fu colpita dalla satira dei passatisti (v. Les déliquescences, poèmes décadents d’André Floupette avec sa vie par Marius Tapora, di Vicaire e Beauclair).

Subito Anatole Baju, giovane iniziato provinciale, pieno di ambizione letteraria fonda una piccola rivista col titolo di «Décadent» cui collaborano E. Raynaud, M. du Plessys e P. Berrichon, confinando la parola, fino allora comune a tutti i poeti nuovi, nell’accezione d’una particolare tendenza di esasperato verbalismo e praticismo. Mentre il trionfo serio del vero decadentismo trovava il portavoce in Moréas che ne pubblicava il bando sul «Figaro» del 18 settembre 1886.

Baju infeudò momentaneamente al suo decadismo anche Verlaine, e quasi per giustificare il nuovo acquisto dava, per bocca di Raynaud, questa differenziazione del suo movimento da quello simbolista: «Les Décadents dissemblent des Symbolistes en ce sens qu’ils admettent l’émotion directe, la traduction exacte des phénomènes de la vie au lieu d’en éxiger la transposition, qu’ils n’allongent pas outre mesure l’alexandrin et qu’íls usent des poèmes à forme fixe».

Il fenomeno Moréas, piú retorico che poetico, è facilmente giudicato nel suo fallito tentativo di condurre gli antichi commilitoni verso il classicismo dell’École Romaine. Il filone diretto della poesia nuova passava invece da Baudelaire a Verlaine, Rimbaud, Mallarmé, Valéry.